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Tipologie, Giovanni Zaffagnini
7 Settembre 2019 @ 4:00 pm - 29 Settembre 2019 @ 7:00 pm
CINQUE DOMANDE A GIOVANNI ZAFFAGNINI
Come è nata la tua attività di fotografo? Quali sono state le esperienze che hanno
maturato le tue scelte?
Ho svolto ricerche etnografiche sul campo con Giuseppe Bellosi per vent’anni. Il mio
archivio fotografico consiste in circa dodicimila immagini sui vari aspetti della cultura
popolare in Romagna. È stato un periodo indimenticabile ed estremamente formativo.
Non di rado le interviste ci hanno rivelato persone qualsiasi capaci di riflessioni
da fare invidia a tante menti celebrate. Nel 1979 abbiamo pubblicato Romagna mia,
una ricerca sulla mistificazione del folclore in Romagna, non sempre vista di buon
occhio. Poi alla fine degli anni Novanta ci siamo fermati; Bellosi nel frattempo era
stato assunto a tempo pieno presso la Biblioteca di Alfonsine ed io, sempre più insofferente
verso una predominante lettura nostalgica del passato, ho rivolto il mio
interesse verso il linguaggio fotografico contemporaneo.
A quali maestri ti ispiri, quali sono gli autori che hanno influito sul tuo fare fotografia?
Ho conosciuto e frequentato tanti autori interessanti ma non mi ritengo allievo di
qualcuno in particolare, ho sempre guardato a tutti quelli che mi sono capitati a tiro,
persino a coloro che non mi piacevano perché comunque mi chiarivano ciò che non
volevo fare. Posso dire di essere stato allievo di svariate decine di maestri, non solo
fotografi, poi, nel tempo, ho maturato la mia proposta.
Come si definirebbe Giovanni Zaffagnini fotografo?
Inquieto e laico. Non riesco a ripetere il già fatto, questo mi porta a cercare sempre
qualcosa di diverso. Ogni volta devo rimettermi in gioco su percorsi insidiosi ma allo
stesso tempo stimolanti. Proporre alternative non è una sfida rivolta a qualcuno, è
semplicemente la mia idea di ricerca.
Guardando le fotografie presenti in Tipologie e in altri tuoi libri, si nota una ricerca
costante, che porta il lettore a mettersi in gioco, a confrontarsi con quello che proponi.
Non c’è un’unica chiave di lettura, un’interpretazione univoca, anzi, sembra
che tu lasci proprio a chi guarda il compito di scoprire l’immagine e darle significato;
e tuttavia, quando si pensa di avere trovato un’interpretazione essa sfugge
continuamente. E l’ambiguità rimane.
L’ambiguità in fotografia è un valore: insinua il dubbio, spinge ad approfondire, a leggere
fra le righe, a porsi delle domande. L’interpretazione, com’è noto, è soggettiva.
Nella fotografia della tronchesina fucsia che chiude la sequenza dei Comuni utensili,
qualcuno ha intravisto il prototipo di un improbabile Marziano, altri invece, nell’immagine
che introduce Reperti di un passato recente, ipotizzano una nuova versione
in fil di ferro dell’uomo che cammina di Alberto Giacometti, da me poi ribattezzata
L’uomo che ha fatto il passo più lungo della gamba. Accade spesso che alcuni osservatori
notino nelle mie fotografie aspetti non previsti che io accolgo con grande
interesse.
Il libro raccoglie nove sequenze. Queste sezioni sono a volte distanti tra loro, nonostante
la sequenzialità che le accomuna. Ce le vuoi descrivere?
Tipologie è una classificazione, un insieme dove le relazioni avvengono nel contesto
di ogni sequenza. Sono immagini che invitano ad affinare la curiosità, a percepire le
differenze all’interno di somiglianze apparenti. Le distanze sono figlie dell’inquietudine
di cui parlavo prima; credo comunque che l’eccessiva uniformità alla lunga diventi
noiosa, ciò che mi preme è la coerenza formale e progettuale nell’ambito della
singola sezione.
Ville dei sogni cataloga i capanni balneari dei lidi ravennati, concessioni demaniali antecedenti
gli stabilimenti attuali e, occasionalmente, «garçonnières dei poveri» in tempi
passati.
Le Mucche alpine sono da sempre fra i soggetti preferiti dai foto-vacanzieri. Un ottimo
esercizio per imparare a vedere consiste nel fotografare gli stereotipi con un approccio
diverso.
Trattori è un esercizio sulle trascendenze tradotto nell’ossessione di essere spiati; sequenza
concepita per Nuova Tèchne, rivista di bizzarrie letterarie e non. Diretta da Paolo
Albani per Quodlibet, è una rivista on-line che ospita scrittori importanti e giovani
promettenti; io collaboro con alcune immagini.
Ho fotografato i Platani lungo la rampa del fiume Senio a Fusignano in un momento in
cui vedevo sculture dappertutto.
Thomas Ruff è conosciuto soprattutto per una serie di ritratti eseguiti con una fotocamera
di grande formato. Ho scelto la stessa inquadratura per gli «omini senza volto»
dei passaggi pedonali.
Blister è un esorcismo per neutralizzare gli effetti collaterali di farmaci che assumo
quotidianamente. I blister vuoti testimoniano il rispetto del piano terapeutico.
Collezione di sabbia è un omaggio a Italo Calvino. Il capitolo sulla leggerezza nelle
Lezioni americane è un costante punto di riferimento. Nel 1994 ho pubblicato Tecla
dedicato alle Città invisibili. Le sabbie fanno parte della collezione di mio figlio Fabio,
geologo marino.
Comuni utensili è un doveroso tributo a Walker Evans. La citazione «tradisce» l’originale,
diventa spunto, pretesto. Diversa l’inquadratura, la luce, diverso lo stato degli
utensili, resta l’ammirazione verso questo gigante della fotografia.
Reperti di un passato recente sono tracce di vita quotidiana tornate alla luce lavorando
il terreno di un orto nei pressi di una vecchia casa contadina. Ritrovamenti senz’alcun
valore apparente ci parlano di chi ha vissuto in quel luogo. I nonni materni di mia
moglie, che non ho mai conosciuto, rivivono nella mia fantasia attraverso questi frammenti.